I perché di una mostra fotografica

A cura di Pierluigi Granata (2019)

Linea edizioni ha ispirato e successivamente contribuito fattivamente a realizzare la mostra fotografica “L’eredità di Falcone e Borsellino” (Treviso, Palazzo dei Trecento, dal 1 al 31 marzo 2019), collaborando con il Comune di Treviso, per le seguenti motivazioni.

Perché attraverso le immagini della vita di Falcone e Borsellino, che sono due eroi dell’epoca moderna, vengono rappresentati alcuni passaggi cruciali della storia del nostro Paese, ossia quei terribili anni che hanno insanguinato l’Italia, da non dimenticare in quanto significarono un grave attacco alla Stato da parte della mafia.

Perché nella rassegna fotografica sono riportati alcuni pensieri dei due magistrati, che rappresentano un lascito e un forte esempio di impegno civile, soprattutto per i nostri giovani. In tal modo si è inteso attivare una memoria emotiva collettiva che consenta di incidere positivamente nella diffusione di quei valori sanciti dalla nostra Costituzione e proprio cercando di far sedimentare nelle nuove generazioni gli insegnamenti di Falcone e Borsellino, eviteremo la retorica delle commemorazioni.

Perché, attraverso i documenti fotografici si sono voluti attivare momenti di riflessione su un percorso storico e civico, caratterizzato da comportamenti di eroica e straordinaria normalità, che portano costruzione del significato di essere un cittadino italiano che agisce con onore e lealtà. Difatti coloro che, a fronte d’un nemico dotato di numeri e forze soverchianti, decidono comunque di affrontarlo a viso aperto, dimostrano di attingere a forze interiori di livello superiore rispetto a quelle di chi aderisce alla mentalità comune. Per uomini come Paolo Borsellino e Giovanni Falcone, l’adesione a un solido complesso di valori e la tutela della dignità hanno giocato un ruolo preponderante anche rispetto all’istinto di conservazione del corpo che abitavano, donando la propria vita per proteggere gli altri.

Perché è un atto di omaggio a Falcone e Borsellino, poiché il loro esempio vale per chi combatte la mafia e difende la legalità e in generale per tutti coloro che si trovano a svolgere un compito, espletare un dovere, e lo portano a compimento senza deflettere, senza arrendersi, senza compromessi: il magistrato, il funzionario e dipendente dello Stato, il docente o l’imprenditore.

Perché così s’insegna ai nostri ragazzi che oltre la mediocrità dell’illegalità, in tutte le sue manifestazioni più deteriori, questo Paese raggiunge quotidianamente vette altissime di dignità attraverso migliaia di eroi silenziosi che combattono la propria battaglia superando scogli giganteschi di conformismo e quieto vivere.

Perché deve essere ribadito cosa hanno insegnato Falcone e Borsellino: contrastare la mafia non vuol dire solo attaccarla con l’attività dei magistrati, con un esercito, con polizia e carabinieri, ma anche cambiare la mentalità. Agire sulla cultura della legalità, perché soltanto modificandola e plasmando il futuro dei giovani si può vincere. Bisogna dare loro il ruolo di destinatari di un diritto alla legalità e alla sicurezza, che insieme al diritto di opinione, alla libertà economica, costituiscono i presupposti per una cittadinanza attiva e responsabile. Educare alla legalità, questo dev’essere il vero obiettivo.

Proprio per tutte queste ragioni è auspicabile che la mostra in questione sia visitata dal maggior numero possibile di studenti degli istituti secondari di primo e secondo grado, nonché dagli studenti universitari.

 

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