Le vittime delle crisi bancarie

A cura di Pierluigi Granata (2018)

Il 2016, in Italia, sarà ricordato come l’anno dei grandi “crack bancari”, determinati, sia dalla crisi economica, manifestatasi a livello mondiale, ma localmente anche dalla “mala gestio” dolosa dei vertici dei vari istituti di credito.

Quest’ultima causa purtroppo concorre a definire tale fenomeno come una valida e completa fattispecie, avente natura paradigmatica, di “crimine economico” con conseguente “vittimizzazione collettiva”, aggravata da tipologie specifiche di “vittimizzazione secondaria”, che hanno provocato delle nefaste conseguenze sul tessuto sociale, con dei veri e propri drammi umani, e sulla struttura economica delle aree geografiche interessate. Gli effetti sono ancor oggi alquanto evidenti, tant’è che hanno determinato anche l’interesse dell’attuale Presidente del Consiglio – Giuseppe Conte.

A seguito della crisi economica finanziaria del 2008, iniziata negli Stati Uniti con i grandi fallimenti di banche di importanza mondiale (tra tutte la Lehman Brothers), anche alcuni Istituti di credito nazionali, ubicati soprattutto nell’Italia centrale e del Nord Est sono stati investiti da problemi di solidità finanziaria alquanto rilevanti, costitutivi uno stato di vera e propria decozione delle banche  stesse, per cui è dovuto intervenire lo Stato per evitare o ridurre le  conseguenze perniciose a livello economico, ma soprattutto sociale e dell’ordine pubblico.

Nello specifico per il Monte dei Paschi di Siena, Banca Etruria, Cassa di Risparmio di Ferrara, Banca delle Marche, Cassa di Risparmio di Genova, Banca Popolare di Vicenza, Veneto Banca sono sorte situazioni economiche di grave difficoltà, aggravate da una gestione non del tutto corretta, attenta a favorire gli amministratori in danno degli azionisti e degli investitori.

Le relative indagini, condotte dalla magistratura inquirente di diverse città italiane, sono ancora in corso al fine di appurare le violazioni al Testo Unico Bancario e al Codice civile, la sussistenza cioè di illeciti in materia bancaria, finanziaria e civilistica.

Per completezza di trattazione, va anche aggiunto che, oltre agli effetti di errori gestionali, anche nell’ambito della normale attività bancaria, gli stessi clienti rischiano di divenire vittime, ma in questo caso “inconsapevoli”, poiché i loro risparmi sono continuamente in pericolo, senza che ne abbiano contezza. In realtà, anche senza essere coinvolti in vere e proprie truffe o in un’inaspettata bancarotta, i clienti degli istituti di credito continuano a doversi districare in un labirinto di trappole contrattuali e a dover sostenere una serie di costi fissi che erodono il capitale e assottigliano i potenziali guadagni. Per un opportuno riscontro di quanto asserito, risulta sufficiente consultare l’indagine, effettuata dalla Banca d’Italia sui costi dei conti correnti, pubblicata annualmente, senza dimenticare le pesanti critiche mosse periodicamente dalle associazioni di tutela dei consumatori.

Se ne deduce, in analogia a quanto espresso in precedenza, che perdite economiche vengono causate senza alcuna inosservanza normativa formale.

Le notizie attuali, fornite dalla stampa nazionale in questi ultimi anni, concernenti gli accertamenti della magistratura in ordine ai dissesti finanziari delle banche menzionate, come detto tutti in fase di indagini preliminari, lasciano prevedere una estrema lunghezza degli stessi procedimenti, addirittura dagli esiti incerti, come l’ipotesi di archiviazione e, comunque, in ogni caso a fondato rischio di prescrizione. Possibilità, questa, resa possibile dalle storture del sistema giudiziario, ben lumeggiate da Piercamillo Davigo nel suo ultimo libro “In Italia violare la legge conviene (Vero)”.

Presupposti questi che favoriscono nelle diverse decine di migliaia di persone danneggiate (cinquantamila solo nel fallimento della Banca Marche, quasi altrettante nella bancarotta della Banca Etruria, centomila nel caso delle banche venete) un rischio assai concreto di “seconda vittimizzazione”.

Nel contempo, indipendentemente dall’accertamento dei reati in questione e delle relative responsabilità, che avverrà solo dietro sentenza definitiva, non vi sono assolutamente dubbi su coloro che hanno oggettivamente subito un danno di rilevante entità, ossia le vittime: gli azionisti e i clienti dei rispettivi Istituti di credito.

Persone offese che difficilmente saranno risarcite dei danni economici, e mai da quelli psico-fisici, soprattutto i più gravi ed estremi, come il suicidio.

Come conferma, si può citare il suicidio, avvenuto nel 2016, di un pensionato di Civitavecchia, cliente della Banca Etruria, che aveva perso tutti i propri risparmi a causa della crisi del suddetto istituto di credito. Il fatto ha avuto una vasta eco a livello nazionale e mass-mediatico, come è avvenuto per il tentativo di suicidio, posto in essere nel medesimo anno, presso il Centro Direzionale di Montebelluna della Veneto Banca, da parte di un azionista dello stesso istituto di credito. Costui aveva subìto le pesanti conseguenze, sia dal punto di vista economico che psicologico, del crollo dei titoli azionari, sui quali aveva investito circa 2 milioni di euro, ossia l’intero capitale della propria famiglia di imprenditori.

Le informazioni fornite dalla stampa in relazione ai drammatici episodi, nonché quelle emerse da analoghe indagini effettuate nei confronti di altri istituti di credito, anche veneti, confermano la sussistenza di identici comportamenti illeciti. I funzionari bancari avevano favorito o sollecitato fraudolentemente, se non addirittura indotto mediante surrettizie minacce, la sottoscrizione di contratti, in particolare “obbligazioni subordinate”, pur essendo nota, da parte del proponente, l’alta rischiosità dell’investimento stesso per i clienti.

Al riguardo, a riscontro di un comportamento dannoso collettivo, va evidenziato che in questi giorni la Procura della Repubblica di Treviso, ha ipotizzato a carico dei responsabili e dirigenti di Veneto Banca il reato di “associazione a delinquere”, ex art.416 Codice Penale.

Ma c’è un altro aspetto, non meno drammatico, che va tenuto in debita considerazione sia per le conseguenze sulla sfera psichica che per l’incidenza numerica del fenomeno stesso. Un effetto che si può definire come istigazione a delinquere.

Le parole che possono sembrare pesanti, ma nella realtà si sono concretizzate: casi di assalto alle sedi della Banca Popolare di Vicenza (28 luglio 2015, 10 giugno 2006) e di Veneto Banca (21 dicembre 2015, 3 e 21 giugno 2016), oppure alle sedi di Equitalia o di Uffici Finanziari, tutti enti ritenuti responsabili dei gravi problemi degli imprenditori e pensionati, nonché dei suicidi che si sono verificati in quelle categorie.

Circostanze, queste, pericolose sotto diversi aspetti, a iniziare da quello dell’ordine e sicurezza pubblica e della pacifica convivenza civile, cardine della moderna democrazia, in quanto potrebbero scatenare l’effetto “emulazione”.

Al riguardo va osservato che tali situazioni criminogene, non costituiscono un fenomeno prettamente italiano, ma globale, che si è manifestato in primo luogo negli Stati Uniti d’America, patria storica del “capitalismo selvaggio”, tant’è che il cinema americano c.d. di “impegno civile”, ne ha tratto ispirazione.

Per una coincidenza solo in apparenza paradossale nel 2016 è stata proiettato nelle sale italiane il film Money Monster, per la regia di Jodie Foster, che denuncia, tra l’altro, la mostruosità del sistema finanziario d’investimento americano e gli effetti nefasti che produce sugli stessi investitori, in particolare appartenenti alla media e piccola borghesia, in caso di perdite sui titoli, dovute soprattutto a condotte dolose poste in essere dagli amministratori delle società.

La pellicola stigmatizza efficacemente la condizione delle vittime, le quali vengono traumatizzate una seconda volta, a causa delle risposte ottenute a seguito dell’evento dannoso primario: la reazione formale (delle istituzioni pubbliche) e informale (di quelle private, in questo caso la famiglia). Se ne descrivono le conseguenze drammatiche sulle dinamiche interiori, che provocano depressione, suicidio o spinta a delinquere, come appunto avviene nell’opera della Foster, con il triste epilogo di un giovane che perde tutti i risparmi lasciategli dalla madre per colpa di un finanziere disonesto, il quale non riconosce le sue colpe, secondo il tipico atteggiamento del criminale dal colletto bianco.

Se il cinema costituisce uno degli specchi più veridici di uno zeitgeist, dello “spirito del tempo”, è evidente come queste pellicole di denuncia e le indagini giornalistiche testimonino la valenza universale e trasversale del fenomeno.

Inoltre, non va sottovalutato il pericolo che si possa verificare il nefasto meccanismo psicologico dell’emulazione: non a caso uno degli autori dei gesti dimostrativi, avvenuti in Veneto contro una banca locale, dichiarò alla stampa «…ho detto che avrei compiuto un gesto estremo, come in un film», proprio nel periodo in cui era in programmazione nelle sale la pellicola Money Monster.

In effetti esiste una vasta platea di persone che potenzialmente potrebbero a pieno titolo identificarsi con i suicidi o con gli stessi assalitori. Si registrano infatti circa 10.000 procedimenti, tra esposti e reclami, presentati dai risparmiatori danneggiati delle “ex Popolari” venete, dagli esiti incerti.

In campo giudiziario, sia penale che civile, sarà molto difficile provare il nesso di causalità tra il default finanziario dell’istituto di credito e i danni economici, nonché psicofisici, sofferti dagli azionisti, e quindi ottenere il conseguente risarcimento dei danni così provocati.

Pertanto, allo stato attuale, una concreta soluzione a detto problema, potrà essere data dall’applicazione, nel corso del 2018, del “Decreto attuativo in tema di banche”, proposto con grande attenzione e sensibilità, dal Sottosegretario Pierpaolo Baretta.

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