Whitechapel, riflessione letteraria e storica su un luogo che tuttora attira numerosi scrittori e intellettuali, a cura di Claudio Mattia Serafin

Whitechapel, riflessione letteraria e storica su un luogo che tuttora attira numerosi scrittori e intellettuali, a cura di Claudio Mattia Serafin.

 

La Londra di fine Ottocento è presente in numerose opere letterarie e cinematografiche, per non parlare poi dell’influenza che tale contesto storico-temporale ha avuto sui fumetti, sui videogiochi, sulle narrazioni di ogni tipo e genere, finanche sulla musica; tanto per fare un esempio, vi sono ricerche divulgative di notevole spessore, come quella svolta da Paul Begg, che concerne ovviamente la storia di Jack lo squartatore (in Italia con Utet, 2018), leggenda metropolitana particolarmente inquietante e nota.

Ancora: vi è stata la giallista Patricia Cornwell a interessarsene con un saggio, dal titolo Ritratto di un assassino. Jack lo Squartatore. Caso chiuso (Mondadori, 2002).

Il mito in questione perde qualsiasi sfumatura epica (propria della mitologia, appunto), per precipitare i testimoni e i curiosi in un vortice di morbosità e attrazione per vicende macabre da un punto di vista esteriore, che probabilmente riflettono, a specchio, il disagio interiore che si è poi definitivamente necrotizzato nell’inconscio individuale e collettivo.

È per questo che il cosiddetto mito di Whitechapel sembra proprio l’origine della storia, la storia che ha portato quasi tutti gli individui, di qualsiasi provenienza sociale, a riflettere sulle inspiegabili bizzarrie del mondo: dagli intellettuali ai cittadini, dagli scrittori ai lettori, in generale tutti coloro che si interessano della valenza estetica di un’epoca precisa.

È un case study particolarmente utile e pregno, proprio perché presenta similitudini con il momento attuale: spaesante era quel tempo, come lo è quello attuale, più di altri, quantomeno da un punto di vista psicologico.

Cinema e fumetti nella Londra dell’epoca

Questa è la lettura che ne dà ad esempio il fumettista Alan Moore, e lo seguono i registi gemelli Hughes con l’oramai classico del cinema From Hell – La vera storia di Jack lo Squartatore (2001), con Johnny Depp e Robbie Coltrane, il primo dei due nei panni del realmente esistito Ispettore Frederick Abberline; nel ricco cast, tra gli altri, sono presenti, nelle rispettive, notevoli interpretazioni, Heather Graham e il di recente scomparso attore inglese Ian Holm, che incarna il medico reale, presumibilmente massone, William Gull.

Il film sussume in sé alcuni aspetti precedentemente citati, e in effetti Morandini sottolinea che quello in oggetto è una grande opera per via di alcuni motivi: “la serrata dialettica tra ragione e sentimento, scienza e visione; la gotica e notturna Londra di Whitechapel (…); la struttura marxiana della narrazione con due protagonisti maschili in grado di muoversi attraverso le separate classi sociali; la rinuncia a qualsiasi lieta fine”.

La tesi che viene proposta dall’opera in esame è quella del complotto superiore, secondo cui i ravvicinati omicidi di donne di strada sono stati commessi per motivi politici e dinastici (siamo in età vittoriana).

 

Gli scrittori italiani

Tra le recenti uscite editoriali italiane sul punto, si segnalano il romanzo per ragazzi scritto da Sgardoli e Polidoro (I delitti di Whitechapel. Il mistero di Jack lo Squartatore, DeAgostini, 2022) e un corposo volume del giovane Fadi Musa (I signori di Whitechapel, Edizioni Mea, 2022), dedicato a un’ariosa prospettiva di quell’epoca; l’Autore, in particolare, porta a un’ulteriore evoluzione il ragionamento fin qui svolto, cogliendo l’occasione per narrare le dense gesta di gangster e donne abituate a badare a sé, o comunque pronte a un’audace sopravvivenza.

Colpisce, in particolare, l’ottima protagonista delineata, Miriam Church, così affascinante e umana. In questo senso, il romanzo in esame sembra risentire dell’influenza divertita e razionale dei crime pulp magazine, o degli sceneggiati a tema (ad esempio Boardwalk Empire, oppure i videogiochi L.A. Noire e Assassin’s Creed: Syndicate), ove la filosofia di base è più spumeggiante (specie nei dialoghi), divertente e propositiva, rispetto ai cupi horror metafisici citati nei paragrafi precedenti.

Un ottimo punto di equilibrio, dunque, che unisce intrattenimento e molta cultura, essendo un romanzo che ha una sua ottima strutturazione storica, antropologica, sociale, ecc., dati dai quali si può desumere l’eccellente preparazione teorica dell’Autore, giornalista e politologo di formazione; buona lettura.

 

 

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